Interviste


INTERVISTE

Con questo numero inizierà una serie di interviste ai soci per far conoscere a tutti la storia della nostra filodrammatica.
Attraverso ricordi, episodi curiosi, fatti importanti e non, aneddoti intendiamo ripercorrere la vita teatrale del paese.
Data la notevole mole di dati raccolti in questa prima intervista abbiamo pensato opportuno di suddividerla in più puntate.
Il nostro socio più anziano come tutti sapete è Giovanni Tamanini, quindi da chi incominciare se non da lui? Ecco quanto ha raccontato a Cristian:

D    In che anno è stata fondata la Filo?

R    Allora, prima di tutto:
La prima commedia che ho fatto, l’ho fatta nel 1913, il penultimo anno di scuola con il maestro Oreste Bailoni di V.V. al quale è stata intitolata la piazza del paese.
Poi è subentrata la guerra del ’14 e tutto è rimasto fermo fino al 1918. Nel 1919 i giovani di V.V. hanno pensato di ritornare al Teatro.
Il teatro era però in affitto al palazzo Malfatti dove si recitava con l’altra filo di V.V.: ”L’IDEAL CONCORDIA”.
E così la prima recita è stata fatta, mi ricordo benissimo, un venerdì.
Con l’Ideal Concordia ci si metteva d’accordo per le date e si diceva più o meno: questa domenica recitate voi e la prossima recitiamo noi, cioè il Partito Popolare.
Io facevo la parte di un piccolo bambino, il quale portava il pane all’osteria, poiché era ”L’Osteria del Venerdì”.
La seconda commedia, sempre nel palazzo Malfatti, l’ho fatta come figlio dei ”Due Sergenti”.
La società non era proprio costituita, mano a mano si iscrivevano nuovi elementi, all’inizio saremo stati per lo meno in 30.
Commedie se ne facevano una al mese, senza dubbio. L’insegnante era sempre un sacerdote del paese, allora era don Giacinto Piazzi, ma per me l’insegnante migliore è stato don Giovanni Battisti, che è sepolto a V.V..
Ad un certo punto c’è stata una divergenza con "L'Ideal Concordia" e allora i proprietari del palazzo avendo saputo della discordia disdissero l’accordo fatto e siamo dovuti andare via.
Allora "L’Ideal Concordia” si è disfatta mentre i giovani cattolici hanno comperato la vecchia filanda della signora Tamanini e lì hanno costruito il nuovo teatro che era una gran bellezza, ma non c’era la casa che ospita l’attuale oratorio accanto al teatro, né il piazzale, né l’entrata, ma soltanto il teatro, si entrava dalla porta in fondo e da una scaletta si saliva sul palco.
Allora abbiamo continuato a fare le commedie romane perché le prime che erano state fatte erano tutte romane.
A quel tempo sono entrati a far commedia anche molti scolari poiché il cappellano voleva allestire delle commedie sui martiri, fra le quali ”S.Tarcisio”...
Poi è venuta la questione del Fascio e ci fu un’altra interruzione.
Hanno voluto le chiavi, sono entrati nel teatro e hanno portato via tutti i costumi romani. Ce n’erano tanti da far spavento perché diverse donne nel paese lavoravano gratuitamente per realizzare i costumi.
Non era ancora permesso alle donne di fare Teatro.
Come prima commedia in dialetto abbiamo fatto il ”Malgar ma che om”.
Abbiamo saputo che a Trento, tramite non so chi, una compagnia era riuscita ad avere il permesso di far recitare le donne. Allora siamo andati da Mons. Bortolameotti a pregarlo se intercedeva in modo da ottenere pure noi tale permesso. La  risposta fu: ”Impossibile assolutamente impossibile!!”.
L’unica donna che aveva il permesso di collaborare con noi era la sarta, un’anziana donna che con ago e filo adattava e cuciva le divise, le  mantelle, ecc. dei costumi romani. Abitava proprio di fronte all’Oratorio e si chiamava Augusta.
Poi finalmente i tempi sono cambiati e si è potuto far accedere al palcoscenico anche il sesso femminile. Ciò ha permesso una più ampia possibilità di scelta delle commedie, maggiore soddisfazione in quanto non era più necessario tagliare dai copioni le parti femminili. Per esempio nei ”Due Sergenti” le battute che doveva fare la mamma le diceva il padre, ma non era la stessa cosa.

D    Chi è stato il fondatore della Filodrammatica?
      Quanti erano gli iscritti della Filodrammatica ?

R    Bisogna precisare che la prima società teatrale di Vigolo è stata « l’Ideal Concordia » in un secondo momento è subentrata la Parrocchia che con il Gruppo dei Giovani Cattolici ha costituito la Filodrammatica San Giorgio. Come già detto all’inizio le due società si alternavano a recitare al Palazzo Malfatti. Gli iscritti erano circa una ventina.

D    A che anno ha cominciato a recitare?

R    Nel 1920 con la commedia intitolata ”Un Venerdì”

D    Quanto impiegavate a preparare una commedia?

R    Tre settimane niente più.

D    Le commedie erano in dialetto o in italiano?

R    Soprattutto in italiano. Le commedie in dialetto abbiamo iniziato a farle dopo aver comperato la vecchia filanda; la prima fu ”El Malgar ma che Om”

D    Come erano le scenografie?

R    Le scenografie:
Le quinte erano sempre fatte di carta, che poi si buttava via. Poi è stato comperato un giardino con i soldi forniti dal Parroco, poi una camera nobile e una camera rustica. Questi fondali si adattavano ai vari tipi di commedia. Dovrebbero esserci ancora in soffitta. La camera nobile aveva la prospettiva; il giardino era a sipario.

D    Chi realizzava questi fondali?

R   Alcuni si comperavano; poi c’era Augusto Ducati e anche il cappellano che erano bravissimi nel realizzarli, si parla degli anni attorno al venti, poi anche Felice Zamboni ed altri.

D    C’erano i mobili reali?

R    Si, si, c’erano; si chiedevano in prestito.

D    Le luci come erano?

R    Ma... scarsissime, c’erano i bilanceri, sempre la luce fissa, comunque.

D    Chi era il truccatore e che cosa usava per truccare?

R    Erano l’Augusto Ducati e poi anche Felice Zamboni. Usavano, per truccare, le stesse cose di adesso: si comperava il mastice, la treccia di crespo, i ceroni; però c’era il cappellano che era stato a Pergine, e adoperava il ”sur”, per fare l’abbronzatura, i baffi e la barba, perchè non voleva il crespo, voleva tutto sulla pelle.

D    E per imbiancare i capelli?

R    Quella famosa cipria che c’è adesso. Niente rossetti, niente ombretti, di quelle cose là, niente.

D    Chi era il costumista?
R    Si doveva stare sempre a quello che ordinava il Sacerdote, che era il capostipite della questione. I costumi erano bellissimi, fatti bene perché c’erano alcune donne che lavoravano volentieri per noi.


D    Chi era il regista?

R    Il Sacerdote, non c’erano registi.

D    Era severo?

R    Si.

D    Quanto volte si replicava una commedia?

R    Una volta al massimo.
Bisogna distinguere però che quando la Società è diventata grossa c’erano due gruppi: un gruppo faceva la commedia, un secondo  ne preparava un’ altra. Praticamente c’erano due Società sempre sotto la direzione del Sacerdote: un gruppo di anziani, che erano proprio anziani, perché quando abbiamo rappresentato ”Il Signore di Caldonazzo” recitava un uomo di settant’anni, un fatto straordinario per quell’epoca salir sul palco a quell’età. Poi c’era il gruppo dei giovani.

D    Praticamente si è verificata la situazione che c’è adesso?

R    Si, esatto proprio come adesso.

D    Ma allora si realizzava un lavoro teatrale al mese o uno ogni quindici giorni?

R    Ogni quindici giorni sicuramente, solo che adesso non si è soddisfatti se il teatro non è pieno, ma allora quando c’erano 40, 50 persone era sufficiente. Noi abbiamo recitato anche per 10 persone. Perché una commedia ogni 15 giorni, ohè !

(continua nel prossimo numero)



Articolo tratto da: Filodrammatica ViVa di Vigolo Vattaro - http://www.filoviva.it/
URL di riferimento: http://www.filoviva.it//index.php?mod=06_Scritti/02_Filo_filo/01_filo_filo_1989/03_Interviste